Diritto commerciale e societario, diritto dell’energia, diritto dell'informatica e big data sono solo alcuni dei settori che ci vedono maggiormente attivi.
Lo Studio Legale Pezone Mittone è stato fondato nel 2020 dagli avvocati Francesco Pezone e Marco Mittone dopo una ultra decennale esperienza di collaborazione in primari studi legali italiani e internazionali.
Approfondimenti
Autore: Francesco Pezone - Fabio Lorusso 26 apr, 2022
Premessa In data 11 aprile 2022, il Gestore dei Servizi Energetici GSE S.p.A. ha pubblicato sul proprio sito istituzionale le ‘Regole Tecniche per l’accesso al servizio di valorizzazione e incentivazione dell’energia elettrica condivisa’ (nel prosieguo, le “Regole Tecniche”) aggiornate in considerazione delle più recenti modifiche del quadro normativo e regolatorio. La pubblicazione delle Regole Tecniche aggiornate fornisce l’occasione per un riepilogo della normativa vigente. §1. Requisiti delle Comunità di Energia Rinnovabile. L’articolo 42-bis del decreto-legge 30 dicembre 2019, n. 162, come convertito con legge 28 febbraio 2020, n. 8, ha previsto una disciplina transitoria per l’attuazione degli articoli 21 e 22 della direttiva 2018/2001, e così consentito, a determinate condizioni, ai clienti finali di associarsi in Comunità di Energia Rinnovabile per condividere l’energia elettrica localmente prodotta da impianti di produzione da fonti rinnovabili. Il decreto-legislativo 8 novembre 2021, n. 199, attuazione della direttiva (UE) 2018/2001, all’art. 31 ha confermato che i clienti finali, ivi inclusi i clienti domestici, hanno il diritto di organizzarsi in Comunità di Energia Rinnovabile, purché l’obiettivo principale sia quello di fornire benefici ambientali, economici o sociali ai soci o membri o alle aree locali in cui opera la Comunità e non quello di realizzare profitti finanziari. La partecipazione alla Comunità deve essere aperta. La Comunità si configura, pertanto, come un soggetto di diritto autonomo che, nel rispetto dell’obiettivo legislativamente imposto, può assumere la forma di associazione, ente del terzo settore, cooperativa, cooperativa benefit, consorzio, partenariato o, comunque, organizzazione senza scopo di lucro. L’esercizio dei poteri di controllo della Comunità deve far capo esclusivamente a persone fisiche, PMI, enti territoriali e autorità locali, tra cui le amministrazioni comunali, gli enti di ricerca e formazione, gli enti religiosi, quelli del terzo settore e di protezione ambientale nonché le amministrazioni locali contenute nell’elenco delle amministrazioni pubbliche divulgato dall’Istituto Nazionale di Statistica che sono situate nel territorio degli stessi Comuni in cui sono ubicati gli impianti che risultano nella disponibilità e sotto il controllo della Comunità. La Comunità può produrre anche altre forme di energia da fonti rinnovabili, può promuovere interventi integrati di domotica, interventi di efficienza energetica, nonché offrire servizi di ricarica dei veicoli elettrici ai propri soci o membri e assumere il ruolo di società di vendita al dettaglio e può offrire servizi ancillari e di flessibilità. Gli impianti di produzione (o porzioni di impianti) facenti parte della Comunità devono essere alimentati da fonti rinnovabili, devono essere entrati in esercizio a partire dal 1° marzo 2020 e, fino all’adozione da parte del MiTE e di ARERA dei provvedimenti previsti dagli articoli 8 e 32 del decreto-legislativo 8 novembre 2021, n. 199, devono avere una potenza non superiore a 200 kW (successivamente all’adozione degli anzidetti provvedimenti attuativi sarà possibile installare impianti fino ad 1 MW). Gli impianti di produzione non devono essere necessariamente di proprietà della Comunità, possono invero essere messi a disposizione anche da uno o più membri della Comunità o da un terzo. §2. Interazione delle Comunità di Energia Rinnovabile con il Sistema Energetico. I punti di connessione dei membri della Comunità e degli impianti di produzione devono essere sottesi alla medesima cabina di trasformazione BT/MT (cabina secondaria) (successivamente all’adozione dei provvedimenti attuativi di cui agli articoli 8 e 32 del decreto-legislativo 8 novembre 2021, n. 199, il riferimento sarà la cabina primaria AT/MT). I membri della Comunità utilizzano la rete di distribuzione per condividere l’energia prodotta, anche ricorrendo a impianti di stoccaggio, nell’ambito della stessa zona di mercato. L’energia autoprodotta è utilizzata prioritariamente per l’autoconsumo istantaneo in sito ovvero per la condivisione con i membri della Comunità, mentre l’energia eccedente può essere accumulata e venduta anche tramite accordi di compravendita, direttamente o mediante aggregazione. Sull’energia prelevata dalla rete pubblica, compresa quella condivisa, si applicano gli oneri generali di sistema. Ai fini dell’interazione con il sistema energetico, la Comunità è tenuta ad individuare un soggetto responsabile del riparto dell’energia condivisa, a cui demandare altresì anche la gestione delle partite di pagamento e di incasso verso i venditori e il GSE. I soci o membri della Comunità mantengono i loro diritti di cliente finale, compreso quello di scegliere il proprio venditore, e possono recedere in ogni momento, senza pregiudizio di eventuali corrispettivi concordati in caso di recesso anticipato per la compartecipazione agli investimenti sostenuti, che devono in ogni caso risultare equi e proporzionati. Ai sensi dell’art. 32, comma 3, decreto-legislativo 8 novembre 2021, n. 199, ARERA dovrà adottare i provvedimenti necessari a garantire l’attuazione delle disposizioni disciplinanti l’interazione delle Comunità con il sistema elettrico, in particolare: (a) nei casi in cui gli impianti di produzione e i punti di prelievo siano connessi alla porzione di rete di distribuzione sottesa alla stessa cabina primaria, individuare, anche in via forfettaria, il valore delle componenti tariffarie disciplinate in via regolata, nonché di quelle connesse al costo della materia prima energia, che non risultano tecnicamente applicabili all’energia condivisa, in quanto energia istantaneamente autoconsumata sulla stessa porzione di rete; (b) prevedere che i distributori rendano pubblici i perimetri delle cabine primarie, anche in via semplificata o forfettaria; (c) individuare le modalità con le quali i clienti domestici possono richiedere alle rispettive società di vendita, in via opzionale, lo scorporo in bolletta della quota di energia condivisa; (d) adottare le disposizioni necessarie affinché i clienti finali che partecipano a una Comunità mantengano i diritti e gli obblighi derivanti dalla loro qualificazione come clienti finali ovvero come clienti domestici e non siano sottoposti, per il semplice fatto della partecipazione a una Comunità, a procedure o condizioni ingiustificate o discriminatorie; (e) adottare le disposizioni necessarie affinché per le isole minori non interconnesse non si applichi il limite della cabina primaria. §3. Contributi economici spettanti alle Comunità di Energia Rinnovabile. Nelle more dell’adozione dei provvedimenti previsti, in particolare, dall’art. 8 del decreto-legislativo 8 novembre 2021, n. 199, continuano ad applicarsi i provvedimenti adottati in attuazione del comma 8 e del comma 9 dell’articolo 42-bis del decreto-legge 30 dicembre 2019, n. 162, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2020, n. 8, e dunque la delibera 318/2020/R/eel ed il Decreto Ministeriale 16 settembre 2020. Stante la normativa vigente in via transitoria, i contributi economici sono riconosciuti per ciascun impianto di produzione la cui energia elettrica rilevi per la Comunità, per la durata di 20 anni a partire dalla data di decorrenza commerciale dell’impianto di produzione ovvero dalla prima data per cui l’energia di tale impianto rileva ai fini della determinazione dell’energia elettrica condivisa (pari al minimo, su base oraria tra l’energia elettrica effettivamente immessa in rete e l’energia elettrica prelevata dai punti di connessione che rilevano ai fini della configurazione). Per ciascun kWh di energia elettrica condivisa viene riconosciuto dal GSE: (i) un corrispettivo unitario (somma della tariffa di trasmissione per le utenze in bassa tensione, pari a 7,78 €/MWh per l’anno 2022, e del valore più elevato della componente variabile di distribuzione per le utenze altri usi in bassa tensione, pari a 0,59 €/MWh per l’anno 2022); (ii) una tariffa premio pari a 110 €/MWh. È possibile richiedere, contestualmente all’accesso al servizio di valorizzazione e incentivazione dell’energia elettrica condivisa, anche il servizio di ritiro dell’energia immessa in rete. In tal caso, il ritiro dell’energia elettrica immessa in rete da parte del GSE viene attivato per tutti gli impianti di produzione ovvero unità di produzione la cui energia elettrica rilevi per la Comunità. Ai sensi dell’art. 8 del decreto-legislativo 8 novembre 2021, n. 199, il GSE dovrà aggiornare i meccanismi di incentivazione, sulla base dei seguenti criteri direttivi: (a) possono accedere all’incentivo gli impianti a fonti rinnovabili che hanno singolarmente una potenza non superiore a 1 MW e che entrano in esercizio in data successiva al 15 dicembre 2021; (b) l’incentivo è erogato solo in riferimento alla quota di energia condivisa da impianti e utenze di consumo connesse sotto la stessa cabina primaria; (c) l’incentivo è erogato in forma di tariffa incentivante attribuita alla sola quota di energia prodotta dall’impianto e condivisa all’interno della Comunità; (d) nei casi in cui la condivisione è effettuata sfruttando la rete pubblica di distribuzione, è previsto un unico conguaglio; (e) la domanda di accesso agli incentivi è presentata alla data di entrata in esercizio e non è richiesta la preventiva iscrizione a bandi o registri; (f) l’accesso all’incentivo è garantito fino al raggiungimento dei relativi contingenti di potenza. §4. Rilevanza fiscale dei contributi spettanti alle Comunità di Energia Rinnovabile. L’Agenzia delle Entrate, con risposta n. 37/2022 alla relativa istanza di interpello, ha chiarito che la tariffa incentivante prevista in favore delle Comunità di Energia Rinnovabile è esclusa dal campo di applicazione dell’IVA, in quanto è percepita in assenza di alcuna controprestazione resa al soggetto erogatore. Come più volte specificato dall’Amministrazione finanziaria in diversi documenti di prassi, tra i quali la circolare n. 34/E del 2013, un contributo assume rilevanza ai fini IVA se erogato a fronte di un’obbligazione di dare, fare, non fare o permettere, ossia quando si è in presenza di un rapporto obbligatorio a prestazioni corrispettive e tra le parti intercorre un rapporto giuridico sinallagmatico, nel quale il contributo ricevuto dal beneficiario costituisce il compenso per il servizio effettuato o per il bene ceduto; di contro, l’esclusione dal campo di applicazione dell’IVA ricorre ogniqualvolta il soggetto che riceve il contributo non diventa obbligato a dare, fare, non fare o permettere qualcosa come controprestazione. Per maggiori informazioni è possibile contattare gli autori
Autore: Francesco Pezone - Fabio Lorusso 05 ago, 2021
In data 30 luglio 2021, la Corte Costituzionale ha depositato la sentenza n. 77/2021 e così dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 2, commi 1, 2 e 3, della legge della Regione Toscana 7 giugno 2020, n. 82. Nello specifico, la Corte Costituzionale ha ritenuto illegittimo imporre un divieto generale alla installazione di impianti da fonti rinnovabili in ragione della potenza, posto che ciò viola il principio, conforme alla normativa dell’Unione europea, della massima diffusione degli impianti da fonti rinnovabili, e contrasta con la legislazione statale che, al più, consente l’individuazione di aree non idonee. La Corte Costituzionale ha altresì ritenuto illegittimo subordinare il rilascio dell’autorizzazione unica ad una previa intesa con il Comune interessato al di fuori della conferenza di servizi, in quanto ciò lede il quadro procedimentale delineato dal legislatore statale ed i principi di semplificazione e razionalizzazione che ne sono a fondamento. §1.Questione di legittimità costituzionale. Con ricorso notificato il 9-13 ottobre 2020 e depositato il 13 ottobre 2020, il Presidente del Consiglio dei ministri proponeva questione di legittimità costituzionale dell’art. 2, commi 1, 2 e 3, della legge della Regione Toscana 7 giugno 2020, n. 82, in riferimento all’art. 117, terzo comma, della Costituzione, relativamente all’art. 12 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, nonché al d.m. 10 settembre 2010, per i motivi di seguito riportati. Art. 2, comma 1, l.r. Toscana n. 82 del 2020 , che aveva aggiunto all’art. 9 della l.r. Toscana 21 marzo 2011, n. 11, un nuovo comma 1-bis, che disponeva quanto segue: “[f]atte salve le aree individuate all’articolo 5, nelle aree rurali come definite dall’articolo 64 della legge regionale 10 novembre 2014, n. 65 (Norme per il governo del territorio) e identificate negli strumenti della pianificazione territoriale e negli altri atti del governo del territorio di cui alla stessa L.R. 65/2014, è ammessa la realizzazione di impianti fotovoltaici a terra fino alla potenza massima, per ciascun impianto, di 8.000 chilowatt elettrici”. Ad avviso del ricorrente, la disposizione impugnata introdurrebbe “con riguardo alle aree rurali – fatte salve le aree urbanizzate destinate ad insediamenti produttivi, commerciali e servizi – un limite di potenza ai fini della realizzazione di impianti fotovoltaici a terra, con il conseguente divieto d’installazione per tutti gli impianti di potenza superiore a quella definitiva normativamente”, in spregio all’art. 117, terzo comma, Cost., in riferimento all’art. 12 del d.lgs. n. 387 del 2003 e al d.m. 10 settembre 2010. Ciò, in quanto la disposizione impugnata impedirebbe la realizzazione di impianti fotovoltaici superiori ad una determinata soglia di potenza in aree agricole, laddove, secondo la legislazione statale, la destinazione agricola di un’area non costituisce di per sé e in via generale elemento ostativo all’installazione di particolari tipologie di impianti, potendo tutt’al più escludere l’accesso agli incentivi. Art. 2, comma 2, l.r. Toscana n. 82 del 2020 , che, a sua volta, aveva aggiunto all’art. 9 della l.r. Toscana n. 11 del 2011 un nuovo comma 1-ter, che disponeva quanto segue: “[n]elle aree rurali di cui al comma 1-bis, per gli impianti fotovoltaici a terra di potenza superiore a 1.000 chilowatt elettrici l’autorizzazione unica alla costruzione ed esercizio è rilasciata previa intesa con il comune o i comuni interessati dall’impianto”. Ad avviso del ricorrente, la disposizione impugnata introdurrebbe un sistema autorizzatorio diverso rispetto a quello previsto dalla legislazione statale, imponendo una disciplina che impedirebbe il rilascio dell’autorizzazione unica “in difetto della preventiva intesa con il Comune”. Art. 2, comma 3, l.r. Toscana n. 82 del 2020 , che aveva aggiunto all’art. 9 della l.r. n. 11 del 2011 un nuovo comma 1-quater, secondo il quale: “Le disposizioni di cui ai commi 1-bis e 1-ter si applicano anche ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore del presente comma, relativi all’autorizzazione unica di cui all’articolo 12 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 (Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità) o al provvedimento autorizzatorio unico regionale di cui all’articolo 27-bis del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Nome in materia ambientale)”. Ad avviso del ricorrente, la disposizione impugnata, in mancanza di una norma transitoria, introdurrebbe indebitamente una nuova disciplina applicabile anche ai procedimenti già avviati, a detrimento degli operatori. §2.Difesa della Regione Toscana. Si costituiva in giudizio la Regione Toscana chiedendo che il ricorso notificato e depositato dal Presidente del Consiglio dei ministri fosse dichiarato non fondato per le ragioni di seguito riportate. Art. 2, comma 1, l.r. Toscana n. 82 del 2020 . Ad avviso della resistente, il legislatore toscano non avrebbe inteso porre un limite alla possibilità di installare impianti fotovoltaici nelle aree rurali, bensì avrebbe solo introdotto un dimensionamento dei singoli impianti, escludendo che in tali aree essi possano avere una potenza massima superiore a 8.000 chilowatt elettrici. La disposizione censurata costituirebbe “una puntualizzazione, una norma di dettaglio” del principio secondo cui, pur essendo le aree agricole generalmente compatibili con l’installazione di impianti fotovoltaici, tale compatibilità non sarebbe assoluta. Art. 2, comma 2, l.r. Toscana n. 82 del 2020 . Ad avviso della resistente, l’intesa con il Comune non introdurrebbe un sistema autorizzatorio diverso rispetto a quello previsto dal legislatore statale. Tale intesa, potrebbe essere acquisita nell’ambito della conferenza dei servizi, sicché non sarebbero modificati i termini statali di conclusione del procedimento per il rilascio dell’autorizzazione. Art. 2, comma 3, l.r. Toscana n. 82 del 2020 . Ad avviso della resistente, la disposizione sarebbe coerente con il principio secondo il quale la norma sopravvenuta costituisce diritto applicabile da parte dell’amministrazione, nel caso in cui non sia stato ancora adottato il provvedimento finale. §3. Decisione della Corte Costituzionale. Art. 2, comma 1, l.r. Toscana n. 82 del 2020 . Ritiene la Corte Costituzionale che, in linea con i principi fondamentali previsti dal d.lgs. n. 387 del 2003 e dal d.m. 10 settembre 2010, le Regioni e le Province autonome possano procedere alla indicazione di aree non idonee alla installazione di specifiche tipologie di impianti a valle di un iter procedimentale che presuppone “un’apposita istruttoria avente ad oggetto la ricognizione delle disposizioni volte alla tutela dell’ambiente, del paesaggio, del patrimonio storico e artistico, delle tradizioni agroalimentari locali, della biodiversità e del paesaggio rurale (paragrafo 17.1)”. Attraverso l’atto di pianificazione, le Regioni e le Province autonome “conciliano le politiche di tutela dell’ambiente e del paesaggio con quelle di sviluppo e valorizzazione delle energie rinnovabili, tenendo conto di quanto eventualmente già previsto dal piano paesaggistico e dal necessario rispetto della quota minima di produzione di energia da fonti rinnovabili loro assegnata (burden sharing) (paragrafo 17.2)”. Alla luce di ciò, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’art. 2, comma 1, l.r. Toscana n. 82 del 2020, costituzionalmente illegittimo, in quanto tale disposizione impone un divieto generale associato alla potenza quando, invece, in base al d.m. 10 settembre 2010, spetta all’atto di pianificazione limitare l’installazione di impianti, in relazione alla tipologia o alle dimensioni, e al procedimento autorizzatorio il bilanciamento in concreto dei diversi interessi coinvolti. Art. 2, comma 2, l.r. Toscana n. 82 del 2020 . Sull’assunto che “l’art. 12, comma 4, del d.lgs. n. 387 del 2003 stabilisce che l’autorizzazione di cui al comma 3 sia rilasciata a seguito di un procedimento unico, che deve svolgersi “tramite conferenza di servizi, nell’ambito della quale – precisa il paragrafo 14.1 delle Linee guida – confluiscono tutti gli apporti amministrativi per la costruzione e l’esercizio dell’impianto, delle opere connesse e delle infrastrutture indispensabili” e che “La concentrazione di tutti gli apporti amministrativi nella sede della conferenza dei servizi è funzionale all’attuazione del principio di massima diffusione delle energie rinnovabili, che si invera nell’ordinamento anche mediante la semplificazione e la razionalizzazione insite nel richiamato procedimento di autorizzazione unica”, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’art. 2, comma 2, l.r. Toscana n. 82 del 2020, costituzionalmente illegittimo nella misura in cui, per gli impianti di potenza superiore a 1.000 chilowatt elettrici nelle aree rurali, prevede una differenziazione del procedimento su base regionale subordinando il rilascio dell’autorizzazione unica alla “previa intesa” con il Comune interessato. Art. 2, comma 3, l.r. Toscana n. 82 del 2020 . Tale disposizione è stata dichiarata costituzionalmente illegittima perché, limitandosi a regolare sul piano temporale l’applicazione dei commi 1 e 2, di riflesso ne condivide i vizi di illegittimità costituzionale. §4. La decisione della Corte Costituzionale come monito a non introdurre nuove limitazioni. La sentenza in parola fissa un orientamento consolidato nella giurisprudenza di legittimità: la disciplina dei regimi abilitativi degli impianti da fonti rinnovabili deve conformarsi ai principi fondamentali in primis delineati dal d.lgs. n. 387 del 2003 e dalle linee guida di cui al d.m. 10 settembre 2010, che, approvate in sede di conferenza unificata, sono espressione della leale collaborazione tra Stato e Regioni e sono, pertanto, vincolanti. In questo senso, salvo poter procedere alla indicazione di aree non idonee all’installazione di specifiche tipologie di impianti, le Regioni non possono imporre divieti generali ed eludere la possibilità del bilanciamento in concreto degli interessi, che il legislatore statale affida al procedimento amministrativo. Neppure le Regioni - a parere di chi scrive - possono introdurre aggravi procedimentali, posto che la semplificazione e la razionalizzazione insite nella legislazione statale sono strettamente funzionali al perseguimento dell’obiettivo della massima diffusione possibile degli impianti da fonti rinnovabili.
Autore: Avv. Marco Mittone 27 apr, 2021
In data 21 aprile 2021 la Commissione europea ha presentato proposte volte a regolamentare l'intelligenza artificiale e le macchine. L’obiettivo è quello di promuovere gli investimenti nel settore, garantendo al contempo la sicurezza e i diritti fondamentali dei cittadini. Le nuove regole prevedono invero un approccio basato sul livello di rischio. 1. Ambito di applicazione: fornitori e utenti Le nuove regole, ove definitivamente adottate, si applicheranno a soggetti pubblici e privati, all’interno e all’esterno dell’Unione europea, a condizione che il sistema di intelligenza artificiale sia immesso sul mercato dell’Unione europea o che il suo utilizzo abbia effetti su persone nell’Unione europea. Non si applicherà agli usi privati e non professionali. 2. Scopo: regole diverse a seconda del livello di rischio La Commissione europea ha previsto regole diverse a seconda del rischio, classificabile come segue. i. Rischio inaccettabile: sono vietati, in quanto costituiscono una minaccia per la sicurezza, i sistemi che manipolano il comportamento umano fino ad influenzare il libero arbitrio degli utenti. ii. Rischio alto: sono soggetti a specifici obblighi i sistemi in cui l’intelligenza artificiale è utilizzata: o in infrastrutture critiche, in quanto ciò potrebbe mettere a repentaglio vita e salute dei cittadini; o nell’istruzione o formazione professionale, per l’incidenza che ciò potrebbe avere sull’accesso all’istruzione ovvero sul percorso professionale delle persone; o in componenti di sicurezza dei prodotti disciplinati da legislazione settoriale; o nella gestione dei lavoratori e dell’accesso al lavoro; o in servizi pubblici o privati essenziali; o in attività che possano interferire con i diritti fondamentali delle persone; o nella gestione della migrazione, dell’asilo e del controllo delle frontiere; o nell’amministrazione della giustizia. La proposta di regolamento comprende un elenco di sistemi di intelligenza artificiale a rischio alto, soggetto a revisione in base all’evoluzione dei casi d’uso. Inoltre, la Commissione propone una metodologia riferita alla funzione svolta dal sistema, con attenzione al numero di persone potenzialmente interessate, alla dipendenza dai risultati e all’irreversibilità dei danni. Tutti i sistemi di intelligenza artificiale destinati ad essere utilizzati per l’identificazione biometrica remota delle persone saranno considerati ad alto rischio e saranno soggetti a previa valutazione di conformità. iii. Rischio limitato: applicazioni come i chatbot sono soggette a specifici obblighi di trasparenza per rendere gli utenti consapevoli del fatto che stanno interagendo con una macchina e liberi di decidere se continuare. iv. Rischio minimo: libero utilizzo di applicazioni quali filtri spam basati sull’intelligenza artificiale. 3. Obblighi per i fornitori di sistemi di intelligenza artificiale a rischio alto Prima di immettere sul mercato o far entrare in servizio un sistema di intelligenza artificiale a rischio alto, i fornitori sono tenuti a sottoporlo a una valutazione di conformità. In caso di modifica sostanziale del sistema o della sua finalità, la valutazione dovrà essere ripetuta. Per determinati sistemi di intelligenza artificiale tale valutazione dovrà essere rimessa ad un organismo indipendente. I sistemi di intelligenza artificiale che riguardano componenti di prodotti disciplinati dalla legislazione settoriale dell’Unione europea saranno sempre considerati a rischio alto se soggetti a una valutazione di conformità da parte di terzi ai sensi della medesima legislazione settoriale. Tra gli altri, la valutazione di conformità sarà atta verificare i seguenti requisiti: o adeguati sistemi di valutazione e attenuazione dei rischi; o elevata qualità dei set di dati, per ridurre al minimo i rischi discriminatori; o registrazione delle attività per garantire la tracciabilità dei risultati; o documentazione dettagliata sul sistema e sulle sue finalità; o informazioni chiare per gli utenti; o appropriate misure di sorveglianza. Gli importatori di sistemi di intelligenza artificiale dovranno verificare che il fornitore abbia già eseguito la valutazione di conformità, oltre che garantire che il sistema rechi una marcatura di conformità europea (CE) e sia accompagnato dalla documentazione e dalle istruzioni per l’uso. 4. Prossimi passi Le proposte della Commissione relative a un approccio europeo all’intelligenza artificiale e alle macchine seguiranno la procedura legislativa ordinaria. I regolamenti definitivi saranno direttamente applicabili in tutta l’Unione europea.
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